“Dal momento che lo chiede con tanta buona grazia, giovanotto, io le dico: con le disgrazie basta incominciare. E quando sono incominciate, non c’è niente che le faccia fermare, si estendono, si sviluppano, come una merce a buon mercato e di largo consumo. L’allegria, invece, compare mio, una pianta capricciosa, difficile da coltivare, che fa poca ombra, che dura poco e che richiede cure costanti e terreno concimato, nè secco nè umido, nè esposto ai venti, insomma una coltivazione che viene a costar cara, adatta a quelli che sono ricchi, pieni di soldi. L’allegria va conservata nello champagne; mentre la cachaa tuttalpi consola dalle disgrazie, quando consola.”
Questo è l’incipit di Teresa Batista stanca di guerra, di Jorge Amado. Appena finito di rileggere.
Nella letteratura sudamericana, che amo più di ogni altra, lui è uno degli autori che preferisco. Nei suoi romanzi descrive un Brasile mitico e realistico nello stesso tempo. Il paese del Carnevale ha mille facce: è terra di sole, allegra e vitale, ricca di energia che senti scorrere sulla pelle, ma anche percorsa da conflitti, dolore, miseria, oppressione, ingiustizia che serpeggiano tra le classi sociali.
Il suo stile è fatto di una cruda concretezza che mi ricorda l’Ivan di Leone Tolstoj e Il vecchio e il mare di Ernst Hemingway. Questi due autori, alla ricerca dell’esatto strumento per giungere a una verità, trovano un meaning che apre una porta tra due mondi, quello fittizio dell’arte, e quello reale delle percezioni concrete. Il mondo reale è ciò che il filosofo Heidegger chiamerebbe «l’universo potente che ci circonda». Amado rappresenta un diverso tipo di morale popolana, creata dalle necessità vitalistiche e quindi ironicamente concreto.
Amado è uno dei pochi autori che riesce a riunire in un romanzo una storia corale, lirica, erotica, violenta e grottesca, intrecciando armoniosamente tragedia, ironia pietosa, speranza poetica. I suoi dialoghi sono sempre forti e carichi di sensualità, comicità e dolore. In Tocaia grande, che è uno dei suoi romanzi più belli, descrive la realtà di una piccola città della foresta composta di neri, zingari, prostitute e maniscalchi, che tra feste, funerali, erotismo, fame, vendette e faide, vive la quotidianità aspra della terra, dei soprusi e degli istinti. Tanti piccoli tasselli di esistenze formano un preciso mosaico narrativo.
A metà degli anni Cinquanta, Amado inaugura un nuovo stile di scrittura e finalmente la sua prosa si fa più ricca e la sensazione di trovarsi negli stessi luoghi che descrive diventa forte. Si ritrovano sempre i grandi eventi della vita, l’amore e la morte, che si mescolano ai piccoli fatti quotidiani, le chiacchiere di bottega, le partite dei giocatori d’azzardo, ma le trame si fanno più complicate. Personaggi e storie si intrecciano: mogli e amanti, marinai e vagabondi, banditi ed eroi di ogni razza e di tanti paesi si affollano disegnando il paesaggio variopinto di Bahia. Sulle loro vite ingarbugliate vigilano allegramente i santi, quelli della religione cattolica mescolati agli spiriti delle divinità afrobrasiliane. Gli eroi proletari del primo periodo cedono il passo a eroine gioiose e ironiche. Così, la protagonista di Gabriella garofano e cannella è cuoca e amante del siriano Nacib. Quando questi la sposa si sente soffocare nella sua nuova condizione di moglie legata a un solo uomo; ripudiata perché infedele, accetta la punizione e accoglie con rinnovata felicità il ritorno al ruolo di cuoca e amante. L’unione di erotismo, sensualità e doti culinarie si trova anche nel personaggio di Dona Flor (in Dona Flor e i suoi due mariti), maestra di cucina, cui è concesso lo straordinario destino di poter amare contemporaneamente il secondo marito, vivo e vegeto, e il primo, defunto, che torna a visitarla dall’aldilà. In Teresa Batista, stanca di guerra, la protagonista è ancora una volta una donna dolce, ma forte e libera, che dopo molte sofferenze, trova felicemente l’amore. Tutti questi personaggi sfuggono alla tristezza della condizione umana grazie alla loro capacità di sognare e di vivere con ironia e spensieratezza. Esempi di libertà e tolleranza, allegria e sensualità, gioiosamente amorali, hanno in sé l’essenza di un paese afflitto da tante tragedie ma che, a ogni Carnevale, ritrova il coraggio e la felicità per affrontare la vita.
L’indole selvaggia che non può essere catalogata o borghesamente esaltata di Jorge Amado, costituisce per me il suo fascino, o il suo carisma.
In settant’anni di letteratura ha fatto crollare il muro del pregiudizio, e con solarità straordinaria ha illuminato e ridato dignità al Brasile povero e ai suoi bambini abbandonati. La sua amata terra proclamò tre giorni di lutto alla sua morte. Ma la sua voce continua a splendere e ad attraversare il mondo intero, col coraggio e la tristezza della sua nostalgica poesia.
«…Fu allora che una figura attraversò i cieli, e irrompendo per i sentieri più chiusi, vinse la distanza e l’ipocrisia, pensiero libero da ogni costrizione… Allora s’accese un fuoco sulla terra, e il popolo bruciò i tempi della menzogna.”
(Donna Flor e i suoi due mariti, Jorge Amado)