Loy Kratong.

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La Loy Kratong è una delle feste più suggestive che avvengono nell’intero pianeta. Una di quelle feste cui, prima o poi, andrò.
Si tratta di una tradizione thailandese che trovo alquanto romantica. Perciò se ti danno fastidio le cose che parlano di cuore, di speranza, oppure gli occhi ti diventano strabici a furia di leggere parole con la K, fermati qui. Non mi offendo. Questo è il mio blog e ci scrivo quello che mi pare. Tanto per te sono un nick, e se non ho il tuo rispetto, ti cancello con un tasto. Questa una delle poche cose meravigliose di internet.


Ma, stasera non voglio entrare in discorsi che mi farebbero incazzare. Stasera voglio parlare di questo luogo, dove prima o poi poggerò i piedi. Per adesso adagio la mente e con le dita batto sui tasti del mio sogno.
In una notte di plenilunio del dodicesimo mese lunare, di solito in novembre, appena sorge la luna si esprimono desideri con la speranza che si avverino. Dopo aver espresso ciò che il cuore più desidera sia adagiano dolcemente i krathong sull’acqua dei fiumi, dei canali, dei laghi e degli stagni. Piccole piccole candele e bastoncini di incenso accesi, nel buio della notte creano una meravigliosa e delicata scenografia da sogno. Si lasciano andare nel cielo anche delle lanterne volanti. Più la lanterna vola verso l’alto, maggiori sono le possibilità che il sogno che l’accompagna, si realizzi.
Nella notte del plenilunio il cielo è completamente pieno di fuochi artificiali e di queste grandi lucciole, mentre il fiume è illuminato a giorno dai krathongs.

Nessuno conosce le origini della cerimonia. Pare che la sua origine risalga a circa sette secoli fa, durante il periodo di Sukhothai. Una leggenda popolare narra che Nang Nophamas, figlia di un sacerdote bramino, costruì un krathong e lo offrì al Re. La bellezza di questa semplice e delicata creazione, insieme alla sua capacità di galleggiare sull’acqua, impressionarono il Re dando inizio alla tradizione.
L’atto di affidare alla corrente del fiume i krathongs nella lingua Thai si traduce con “loy”, e da questo deriva il nome della festa.
Con la cerimonia si rende omaggio alla Dea delle Acque, Mae Khong Kha, al fine di ottenere acqua sufficiente per irrigare le risaie ed avere un buon raccolto. Si ha la possibilità di ottenere purificazione spirituale e le preghiere, recitate prima di porre il krathong nell’acqua, servono a chiedere perdono per le eventuali offese arrecate ad altre persone.

I festeggiamenti iniziano una settimana prima della notte di plenilunio, ma i tre giorni che la precedono sono quelli più importanti e più densi di attività.
Il terzultimo giorno è dedicato alla preparazione vera e propria della festa e all’acquisto delle offerte per i monaci: una nuova veste ed un secchio giallo contenente cibo e oggetti di uso comune. Le case vengono adornate con archi formati da tronchi di banano e foglie di palma, mentre lanterne appese ai lati delle porte di ingresso e luci sulle staccionate rischiarano la notte buia.
La gente inizia a costruire i krathongs. Sottili pezzi di legno, ricavati dal tronco del banano noto per la sua galleggiabilità, costituiscono la base; alcune foglie, piegate in modo da assumere la forma del loto, vengono fissate ad essia con piccoli stecchi di legno. Il tutto è abbellito con fiori, anche delle meravigliose orchidee; bastoncini di incenso ed una candela arancione posta al centro completano l’opera.
L’arancione è simbolo dei monaci Buddhisti, quindi la candela è un atto di devozione oltre che una sorgente di luce.

Ci sono poi diversi tipi di lanterne, dette khom. C’è il khwaen, a forma di stella e realizzata con carta e plastica colorata. Meno comune è il complicato khom pat che è composto di due parti: la parte superiore è decorata finemente, ruota sul suo asse quando viene riscaldata dalla fiamma della candela. Tale movimento genera delle ombre rotanti sulla parte inferiore.
Ma la lanterna più suggestiva è, secondo me, il khom loy, o lanterna galleggiante. È fatta con carta cerata e stecche di bambù, ha forma cilindrica e assomiglia ad una piccola mongolfiera. Si libra lentamente nel cielo, talvolta portando con sé rumorosi petardi quasi a voler risvegliare gli dei.
Come per le altre lanterne, far volare un khom loy e’ una simbolica forma di purificazione. Una credenza popolare vuole che nel suo volo porti via la malasorte di un anno intero.
Certo, a voler usare la parte cerebrale di me, potrei dire che purtroppo tutto quello che sale è destinato poi a scendere, e quindi magari quando un khom loy atterra in un giardino porta solo sfortuna, per non parlare del rischio di incendio, giacchè le case tradizionali sono di legno.

Ma a me non me ne frega niente della razionalità e così mi perdo nelle credenze popolari che attribuiscono un significato al comportamento in acqua dei krathongs: se la candela rimane accesa fino a quando si può scorgere il krathong, significa che i peccati sono stati perdonati, mentre uno spegnimento prematuro della fiamma è un cattivo presagio. Le coppie deducono il futuro della loro unione osservando se i due krathongs seguono insieme la corrente oppure se navigano in modo differente l’uno dall’altro.

Un giorno andrò anch’io alla festa. Mi vestirò con gli abiti tradizionali perché sì, perché mi piacciono queste cose. Farò scoppiare mille petardi perché sì, gli dèi devono risvegliarsi, e poi lascerò andare il mio krathong lungo il fiume e il mio khom loy in cielo. Riamarrò a guardare la fiammella della candela del primo sperando che non si spenga. E se proprio è destino che si spenga, allora mi auguro di guardare in quel momento il khom loy oppure di seguire un altro krathong pensando sia il mio.
Mille luci accese e tante speranze, perché alla fine se si spegne la speranza, ogni lanterna affonda e ogni luce si spegne.

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